A journey in the photography art
Il mio viaggio dalla visione all’arte.
From view to print www.domenicopescosolido.net
Ilford Delta 100@50 – 150mm f/32 1/2 – Rodinal 1+50 11min
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Ilford Delta 100@50 – 150mm f/32 1/2 – Rodinal 1+50 11min
Ormai si avvicina il momento del primo scatto. Ancora una piccola attesa per la chiave a compasso con cui poter stringere la lente sulla piastra porta lente e poi si parte… a patto di stipare tutta l’attrezzatura in un capiente zaino.
La volta scorsa ho parlato degli obiettivi per il grande formato. Oggi vorrei riprendere ancora alcuni brevi concetti che ho appreso approcciandomi a questo formato e andare oltre.
Primo punto: Per poter usare una lente su un banco ottico, la lente deve poter proiettare un’immagine almeno larga quanto la misura della diagonale del frame. Questo principio è alla base del fatto che una lente costruita per una reflex full frame possa essere usata su un corpo con sensore più piccolo ma non viceversa (a meno di non ritagliare l’immagine sulla misura del sensore stesso). La diagonale di una pellicola 4×5 misura 162mm, quindi una lente per questo formato dovrà coprire un cerchio con un diametro almeno pari a 162mm che sarà la misura minima che dovrà coprire. Su un 8×10 il diametro sarà 325mm e su una 6×6 80mm.
Secondo punto: La misura del circolo dell’immagine dipende dall’angolo di copertura che viene formato da due linee immaginarie che vanno dalla lente fino al cerchio di copertura. Questo angolo è determinato dallo schema ottico della lente. I grandangoli sono disegnati per avere un ampio angolo di copertura.
Terzo punto: Il circolo dell’immagine sarà più ampio della misura del film. I movimenti di un banco ottico permetteranno di muovere il centro dell’immagine proiettata lontano dal centro della pellicola, ma se l’area della pellicola cadrà fuori dal circolo dell’immagine, uno o più angoli sarà tagliato. Questo effetto si chiama “vignettatura” e si ha quando una parte dell’immagine non riceve l’esposizione. Un circolo di immagine più largo della misura minima permette alla lente e al piano del film di muoversi indipendentemente, si potranno così fare aggiustamenti nella profondità di campo, nella forma dell’immagine e nell’inquadratura. Per esempio un 90mm f/8 per un 4×5 potrebbe avere un angolo di copertura di 100° e che quindi produrrà un circolo di immagine di 216mm con il fuoco all’infinito (soffietto alla minima estensione). Un 150mm f/5.6 ha un angolo di copertura di soli 76°, ma ha una distanza maggiore dal piano della pellicola e quindi produrrà un circolo d’immagine di 224mm. Poiché tutti questi circoli di immagine eccedono nel 4×5 la diagonale di 162mm, tutti questi obiettivi sono ammessi, ma nessuno di esso potrebbe essere ammesso su un 8×10 in quanto il diametro minimo sarebbe 325mm.
Quarto punto: Si definisce lente “normale” quella lunghezza focale che è uguale per approssimazione alla diagonale della pellicola. Sono così obiettivi normali un 50mm nel formato 35mm, 80mm nel 6×6, 150mm nel 4×5 e 300mm nel 8×10. Una strada veloce per trovare la lente equivalente nel grande formato è quella di moltiplicare la lunghezza focale di un 35mm per 3 per ottenere l’equivalente nel 4×5 e per 6 nell’8×10. Se invece si conosce la lente nel medio formato si moltiplica per 2 nel 4×5 e per 4 nel 8×10.
Il discorso potrebbe essere ancora lungo sulle ottiche ma credo che sia bene, almeno per i nostri scopi, fermare questi quattro punti.
Questo agosto sembra portare con se anche nuovi interessi. Dopo aver sperimentato la fotografia digitale e analogica dal 35mm fino al medio formato 6×9, ora ho trovato nuovi stimoli in un formato leggermente più grande: 4×5.
in un periodo in cui il digitale la fa da padrone e l’interesse per il formato sembra essere del tutto relativo, in fondo oggi si ricavsno fotografie ad ingrandimenti notevoli anche da sensori inferiori al 35mm, ho sentito la necessità di dedicarmi ad un tipo di fotografia meno impulsiva e “veloce”. Il grande formato analogico mi è sembrata una strada interessante da esplorare.
il primo problema che mi sono posto è stato quello di coniugare un grande formato, dal 4×5 pollici in su, con la trasportabilità e la facilità di reperire le pellicole. Una analisi dei formati mi ha fatto optare per il più piccolo dei grandi formati ovvero per il 4×5.
Ma la scelta del formato del mezzo sensibile su cui riprodurre l’immagine non esaurisce le possibilità di scelta. Oggi questo tipo di fotografia in virtù dell’avvento del digitale ha portato al proliferare sul mercato dell’usato un infinito numero di “macchine fotografiche”. In realtà è difficile parlare di “macchina fotografica” riferendosi ad un grande formato, piuttosto vanno considerati come “sistemi” in quanto si compongono di alcuni elementi assemblati insieme che in poche parole possiamo riassumere in: un binario dove scorre un soffietto morbido che divide due standarte, la posteriore con vetro per comporre l’inquadratura nonché porta pellicola e standarta anteriore con plancia porta obiettivo.
Quindi in questi sistemi troviamo i grandi banchi ottici che venivano usati in studio e quasi intrasportabili e altri tipi di sistemi. In particolare nel sistema 4×5 ai banchi ottici che hanno le standarte frontale e posteriore uguali o pressoché uguali si aggiungono le folding (e diverse varianti sul tema) che erano sistemi richiudibili e quindi trasportabili a scapito di movimenti più contenuti rispetto ai primi.
Personalmente ho optato per una folding volendo ancora considerare la mobilità un vantaggio anche a scapito di qualche movimento in meno fra le due standarte.
Purtroppo la scelta del formato e quindi del sistema è solo l’inizio di un lungo viaggio.
Dopo l’analisi di cosa offriva il mercato mi sono orientato sulla giapponese Toyo View nel modello folding 45 AII che difficilmente però si trova sull’ebay europeo purtroppo con conseguenti oneri d’importazione. Per ora in attesa che arrivi mi fermo qui, tenete conto però che, accanto ai problemi di ripresa, vi sono anche le scelte da fare in camera oscura di cui vi parlerò prossimamente.
Edward Weston con il suo grande formato immortalato da Tina Modotti