Quali tools nella borsa del fotografo?
Diciamoci la verità, spesso come fotografi riempiamo la borsa di mille cose tranne quelle veramente importanti.
Non sto parlando di macchine e obiettivi, spesso eccessivi anch’essi rispetto alle nostre reali esigenze, ma di tutti quei gadget che vediamo in giro e che pensiamo ci possano esser un giorno utili ma che in realtà non useremo mai.
Nel tempo ho capito che sono veramente pochi gli strumenti realmente utili quando sono in giro e pertanto ci sono 5 tools + 1 che non tolgo mai o quasi dalla borsa perchè so che mi saranno sempre (o quasi sempre) utili ed indispensabili e che se non li avrò rimpiangerò di non averli mai portati con me.
Il primo e indispensabile tool che ho nella mia borsa fotografica è il kit per la pulizia di lenti oculari e macchina. Utilizzo un kit della Zeiss che sta in una sua apposita borsetta e che contiene la classica pompetta per soffiar via lo sporco dalle lenti, un piccolo pennellino, delle salviette pulisci ottiche già umidificate, un liquido per lenti ed un panno in microfibra custodito in una custodia di plastica in modo che non prenda polvere e sia sempre pulito. A questo panno in microfibra ho aggiunto un ulteriore panno che dedico alla sola pulizia della macchina e degli oculari o dello schermo nel caso di macchina digitale ma non alla cura delle ottiche.
Il secondo tool presente nella borsa è una piccola livella a bolla che si applica sulla slitta flash e che serve tutte quelle volte che devo livellare la macchina sul cavalletto o su qualche appoggio: non c’è cosa che odio di più che orizzonti storti non intenzionali.È un piccolo oggetto ma salva vita.
Connesso con la livella è lo scatto remoto. Se scattate con macchine relativamente vecchie ma anche con molte moderne Leica, troverete che il pulsante di scatto è filettato e li si innesta lo scatto a filo che come dice la parola è un filo che permette di far scattare l’otturatore senza dover toccare il corpo macchina. Utilissimo nel caso si voglia evitare il micromosso e molto più comodo dell’autoscatto. Se la macchina è elettronica o anche le moderne digitali spesso hanno bisogno di uno scatto remoto elettronico o un vero e proprio telecomando che può costarvi anche molto. In quel caso se possibile optate per l’App da smartphone che vi fa risparmiare dei soldi. Invece per le macchine a pellicola meccaniche è un must have da pochi soldi.
Un altro strumento sempre con me è l’esposimetro esterno. Certo le macchine hanno i loro esposimetri e oggi molte macchine hanno esposimetri sofisticati e affidabili ma con le macchine più vecchie è sempre buona norma poter misurare la luce esternamente con uno strumento affidabile. Inoltre anche con le macchine digitali più recenti la possibilità di usare una misurazione a luce incidente è sicuramente meglio di ogni misurazione a luce riflessa o sistemi di medie improbabili.
Infine l’ultimo strumento che ho sempre in borsa è qualche cosa di molto semplice ma sempre utile: un rotolo di scotch carta ed un pennarello. Soprattutto se scattate a pellicola sarà molto utile per poter etichettare i rulli fini con informazioni preziose nel momento in cui andrete a sviluppare o a farvele sviluppare. Potrete annotare ad esempio l’iso a cui avete scattato il rullo o altre utili informazioni.
Lo strumento bonus è una piccola penna pulisci contatti elettrici. Alcune volte, nella macchine a pellicola più vecchie, i contatti devono essere un pò spazzolati affinché le batterie facciano il loro lavoro e sarà in quel frangente che vi tornerà utile questa piccola penna da pochi spicci.
Questi sono i miei tool salva vita, e i vostri? Cosa avete sempre con voi? Ci avete mai pensato? Fatemi sapere come la pensate.
La Rolleiflex: storica biottica 6×6
In questo video tutorial illustro come funziona la storica biottica 6×6 Rolleiflex che ha fatto la storia della fotografia e ancora può regalarci emozioni.
Leica M3: Icona della fotografia
Presentazione della Leica M3, una vera icona della fotografia.
Il paraluce in fotografia
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“Non esiste fotografia senza paraluce”
Paraluce in un grande formato
Ma cos’è un “paraluce”? Quando si compra una macchina fotografica reflex o mirrorless insieme all’obiettivo spesso vine fornito anche un accessorio chiamato appunto “paraluce” di forma cilindrica o a petalo da usare con l’obiettivo. Questo accessorio spesso ce lo portiamo dietro ma non ne conosciamo il reale utilizzo. Frequentemente rimane agganciato all’obiettivo in senso contrario non avendo tempo e voglia di montarlo oppure viene considerato solo uno strumento utile ad evitare danni alla lente frontale.
Paraluce al contrario
Ma allora perché un fotografo come Ansel Adams lo considerava così utile da fargli dire che non poteva esistere addirittura la fotografia senza di esso?
Molto semplice: non usarlo ci espone ad amare sorprese!! Pur mettendo tutta la cura possibile nella costruzione delle lenti, nessuno può assicurare che luci che non fanno parte della scena ripresa vadano a rovinare la nostra fotografia e questo accade più spesso di quanto si creda. Infatti il non utilizzo del paraluce permette ai raggi luminosi (non solo nelle giornate di sole ma anche in quelle dove il sole è assente) di colpire la lente dell’obiettivo anche lateralmente e innescare effetti di rifrazione nell’obiettivo. Anche quando non vi sono visibili effetti di rifrazione nella foto, la luce “parassita” laterale genera un degrado dell’immagine visibile in una generale mancanza di contrasto.
Il paraluce, quindi, andrebbe utilizzato ogni qual volta si scatta una foto perché eviterà che le luci laterali che non interessano la scena ripresa entrino nella fotografia. Inoltre permetterà un calcolo più preciso dell’esposizione.
Luce parassita
Frequentemente il fotografo non accorto non usa il paraluce quando utilizza i filtri perché rendono scomodo o inutilizzabile il paraluce stesso. Tuttavia questo è proprio uno dei casi in cui invece la rifrazione potrebbe aumentare a causa dell’utilizzo di vetri aggiuntivi davanti alla lente alterando lo schema ottico originario dell’obiettivo.
Il paraluce sarà tanto più grande quanto maggiore sarà la focale dell’obiettivo, nel caso degli zoom sarà calcolato sulla focale più corta. In mancanza di un paraluce dedicato un semplice cartone scuro od anche un cappello potrebbe essere utile ad evitare indesiderate luci sulla nostra fotografia.
Caricamento pellicola su Leica M e Rolleiflex
Lezioni per una buona fotografia: Leonard Freed
© Leonard Freed / Firenze, 1958
Leonard Freed è stato uno dei più famosi fotografi del XX sec., lasciandoci in eredità una vasta produzione dalla quale come cultori della buona fotografia possiamo ricavare alcune importanti lezioni.
Leonard Freed nacque da genitori ebrei originari dell’Europa dell’Est a Brooklyn (New York) nel 1929 e le sue origini segnarono gran parte della sua attività di fotografo negli anni seguenti. Voleva diventare pittore ma nel 1953, mentre si trovava nei Paesi Bassi, inizia a scattare fotografie e scopre la sua vocazione. Cinque anni più tardi, nel 1958, ad Amsterdam realizza un reportage sulla comunità ebraica.
Dal 1961 inizia a viaggiare molto realizzando nel contempo molti reportage: fotografa i neri d’America fra il 1964 e il 1965, il conflitto d’Israele nel 1967-68, la guerra del Kippur nel 1973 e il dipartimento della polizia di New York fra il 1972 e il 1979. Nel 1972 entra nella Magnum. Fra le mete dei suoi viaggi ci fu l’Italia che amò e raccontò diffusamente.
Leonard Freed morì a New York il 30 novembre 2006.
La fotografia racconta chi siete
© Leonard Freed / Napoli, 1958
“In ultima analisi la fotografia riguarda chi siete. E’ la ricerca della verità in relazione a voi stessi. E ricercare la verità diventa un’abitudine”.
Quando scattiamo fotografie scattiamo verso un soggetto, ma indirettamente scattiamo anche dietro, verso di noi. La fotografia mostrerà il nostro “sentire” verso la scena ripresa.
La fotografia che scattiamo racconterà qualche cosa di chi la scatta e un intero progetto fotografia sarà in grado di spiegare come il fotografo vede l’argomento. In questo la fotografia, come dall’origine del nome, è una forma di scrittura. Anche quando cercheremo di essere distaccati e vorremmo solo descrivere, in realtà eserciteremo la massima forma di scrittura creativa.
Non necessariamente avremo bisogno di ricordarci di questa curiosa proprietà della fotografia, ma ci basterà sapere che nel momento in cui l’otturatore scatterà avremmo prestato i nostri occhi ad ogni futuro spettatore della nostra immagine ed in quella immagine ci saremo anche noi stessi. Non come fa il pittore che ridisegna la realtà fino a piegarla al suo animo, ma togliendo piuttosto che aggiungendo, mostrando un nuovo punto di vista per la realtà o semplicemente evidenziando un aspetto e inducendo uno stato d’animo.
Leonard Freed ci racconta ancora come lui si poneva di fronte alla fotografia:
“Sono come uno studente curioso, che vuole sempre imparare. Per poter fotografare devi prima avere un’opinione, devi prendere una decisione.”
E ancora
“Fotografare è quindi imparare continuamente, avere lo spirito di un bambino pur essendo un adulto”
Fotografare è quindi perdersi come un bambino, alcune volte bisognerebbe abbandonare tutto quello che si è appreso della fotografia e riscoprire il desiderio di fotografare che si ebbe quando, per la prima volta, si prese in mano una macchina fotografica. Ogni cosa in quel periodo appariva curiosa e meritevole di esser fotografata, oggi, purtroppo, le sovrastrutture psicologiche e le conoscenze nel campo fotografico inibiscono spesso l’istinto fotografico creando delle gabbie e dei cliché dove rinchiudiamo il “bambino fotografo” e curioso che è in ognuno di noi. Rompere quella gabbia dovrebbe essere il primo impulso per una buona fotografia.
La fotografia deve raccontare una storia
© Leonard Freed / Venezia, 2004
“La fotografia deve raccontare una storia, la gente deve guardarla come se stesse leggendo una poesia. Una buona fotografia deve essere come un piccolo poema.”
Spesso ci preoccupiamo di spiegare le nostre foto, questo inevitabilmente mostra il limite della nostra fotografia. Una fotografia riuscita non dovrebbe aver bisogno di nessuna spiegazione, dovrebbe contenere tutto al suo interno senza bisogno di altre parole.
In sostanza il nostro linguaggio non dovrebbe aver bisogno di una traduzione per poter essere compreso:
“La foto non deve avere bisogno di una spiegazione, deve trasmettere un messaggio forte di per sé. Non dovrebbe essere accompagnata da una didascalia. Altrimenti non è una buona foto”
© Leonard Freed / Roma, 1958
Ancora una volta Leonard Freed ci avverte, senza giri di parole, che la foto deve parlare da sola. Sia che si tratti di una singola fotografia o di un progetto fotografico, la storia deve essere chiara a chiunque la osservi.
“Le fotografie dovrebbero parlare da sole la loro lingua.”
La macchina fotografica è parte dello sguardo
© Leonard Freed / Dusseldorf, 1965
“Prima di tutto occorre che ci sia una buona composizione che possa funzionare come astrazione, che è come le fondamenta di una casa: se non ci sono delle buone fondamenta la casa crolla.”
I principi fotografici che Leonard Freed ci dispensa sono pochi ma basilari e primo fra tutti della composizione. Se guardiamo le sue fotografie ci accorgiamo che l’inquadratura è spesso perfetta, mai lasciata al caso.
Inoltre notiamo un’altra importante questione: l’alternarsi di formati orizzontali e verticali a seconda del caso. Spesso si tende ad essere schiavi di un modo di inquadrare (sempre in orizzontale o sempre in verticale) senza concederci di poter trovare l’inquadratura giusta in un formato diverso. Nello scegliere le nostre inquadrature dovremmo avere la libertà mentale di provare uno scatto verticale e orizzontale a seconda del caso.
Egli cammina nei vicoli delle città, analizza le situazioni che vede e scende in profondità, non si ferma agli aspetti estetici e nel far ciò ha sempre presente i principi della composizione. Spesso realizza fotografie di persone con lo sguardo in macchina, posati. Lui non è il fotografo del momento decisivo come lo era Cartier-Bresson. Leonard Freed racconta storie di cui i suoi soggetti sono spesso gli attori. Non sempre l’uomo è il soggetto principale delle sue foto, spesso lo diventa solo in relazione all’ambiente.
© Leonard Freed / Napoli, 1958
Il suo “momento decisivo” non è fatto quindi di un istante, ma di ricerca, una ricerca costante dell’inquadratura migliore, del momento in cui la storia si svela.
© Leonard Freed
© Leonard Freed / Baltimore, 1964
“La macchina fotografica, di cui Freed faceva un uso istintivo (regolava l’esposizione a occhio, senza affidarsi all’esposimetro), divenne parte del suo sguardo. Quando guardiamo una delle sue immagini, non facciamo altro che vedere con i suoi occhi” (da “Io amo l’Italia”).
“Oggi la mia attrezzatura prevede poca roba, perché se perdi tempo a cambiare obiettivo il mondo se ne va. E’ più importante cogliere l’attimo piuttosto che riflettere sull’attrezzatura migliore in quell’attimo. Uso soprattutto 35 e 50 mm”.
© Leonard Freed / Milano, 1992
In buona sostanza una macchina e un obiettivo dovrebbero essere le scelte migliori per ogni bravo fotografo, il vincolo renderà liberi e migliorerà la fotografia.
Anche sulla disputa bianco e nero versus colore, Freed sarà drastico:
“Il bianco e nero trasmette meglio la personalità del soggetto senza che l’occhio dell’osservatore sia distratto dai colori.”
La fotografia come religione
© Leonard Freed / Napoli, 1956
“Per me la fotografia è una religione e io sono molto osservante. Bisogna cercare la verità, dire la verità, mostrarla al pubblico. … E’ importante che la gente creda alla foto cha sta guardando”
La fotografia come religione non come verità assoluta, quindi. Credere nella fotografia non perché essa è vera in senso assoluto, Leonard Freed avrà modo di chiarire asserendo:
“Fondamentalmente penso che ci siano fotografie ‘informative’ e fotografie ‘emotive’. Io non faccio fotografie informative, non sono un fotogiornalista, sono un autore, non sono interessato ai fatti. Io voglio mostrare atmosfere”
Nulla sta dicendo in merito alla “manipolazione” della fotografia, che, in fondo, non ci riguarda. Freed sposta l’asticella del contendere non alla banale manipolazione ma al messaggio: lui non è un fotoreporter.
Nelle fotografie che ci ha lasciato si supera il reportage e il messaggio di denuncia, Freed parte dall’analisi sociale in cui si trova per suonare le corde più artistiche del quotidiano.
“Quando stai fotografando, sei immerso nell’esperienza, diventi parte di ciò che stai fotografando. Devi immedesimarti nella psicologia di chi stai per fotografare, pensare ciò che lui pensa, essere amichevole e neutrale”
“E’ soltanto ciò che avviene per caso, la scintilla della vita, che dà verità alle cose”
© Leonard Freed / Haifa 1967
Eli Reed scriverà di lui: “Era il perfetto esponente della vera fotografia Zen, perché andava ovunque e si lasciava guidare dalle fotografie”.
Lasciarsi guidare dalle fotografie che si hanno dentro, questa è la massima forma di fotografia Zen a cui dovremmo omologarci quando siamo in giro.
© Leonard Freed / New York City, 1963
Tutorial su Lightroom – seconda parte: la selezione
Eccomi di nuovo con il mio tutorial su Lightroom.
Come ho già detto in occasione della prima parte questo è solo un tutorial su come lo utilizzo io e non un tutorial onnicomprensivo del programma stesso. Quindi non è privo di imprecisioni. Per il resto, se avete domande scrivetemi pure e vedrò di rispondervi.
Per ora vi lascio alla seconda parte dedicata al catalogo e al modo in cui lo utilizzo nella selezione degli scatti migliori all’interno di una sessione di lavoro. Buona visione.
Tutorial su Lightroom – prima parte: il catalogo
In passato in molti mi hanno chiesto come usassi Lightroom, premesso che non sono super esperto, ho pensato di fare alcuni brevissimi tutorial video per spiegare, non tanto Lightroom in se, che è sicuramente un programma complesso ed anche io non lo conosco a pieno, quanto, piuttosto come uso io Lightroom per il mio workflow. E’ normale che nell’uso di questo programma alcune cose sono basilari e quindi abbastanza generiche ed universali utili ad ogni tipo di utente.
Un ultima avvertenza… E’ il mio primo tutorial video, quindi non aspettatevi una video troppo professionale, vediamo come funziona questo primo video e poi deciderò magari se proseguire, migliorare etc….. Buona visione e ogni commento è ben gradito.